Non c‘è dubbio che l’intento principale del saggio non è stato quello di esporre in modo esaustivo la riflessione filosofico-politica anticapitalistica, antiliberale e antiscientifica presente nella cultura occidentale del novecento- ed in particolare di quella della sinistra marxista, anarchica e della destra radicale- ma è stato quello di individuare alcune tematiche comuni tra la cultura della sinistra del novecento di ispirazione marxista, socialista utopica e anarchica e la cultura della destra radicale. L’espressione destra radicale è stata usata in questo saggio come sinonimo di estrema destra nell’accezione di Pierre Milza nel suo saggio Europa estrema. Il radicalismo di destra dal 1945 ad oggi (Carocci, 2003), saggio nel quale lo storico francese-consapevole della non omogeneità ideologica della estrema destra – ha usato questo termine con la finalità di abbracciare storicamente tre famiglie politiche: quella controrivoluzionaria, quella del nazionalismo plebiscitario e il fascismo. Opportunamente lo storico francese include nella destra estrema il Groupement de recherche et d‘étude puor la civilisation européenne (GRECE), la Neu Rechte di Henning Eichberg e il Circolo Thulé fondato nel 1983. Per quanto concerne quella italiana (a tale riguardo le riflessioni di Franco Ferraresi e Francesco Germinaro risultano di estrema rilevanza) l’estrema destra comprende la corrente evoliana (e naturalmente la riflessione di Adriano Romualdi), la riflessione frediana, il negazionismo di Cesare Saletta, Andrea Chersi e Carlo Mattogno, il Fronte Nazionale tilgheriano, Forza Nuova, il Partito Comunitario Nazional-europeo (PCN), il periodico “L’uomo libero”, la rivista “Orion” e la Società Editrice Barbarossa, le case editrici All’insegna del Veltro fondata da Claudio Mutti e le Edizioni Settimo Sigillo fondata da Enzo Cipriano, Marco Tarchi direttore di “Diorama letterario”, Massimo Fini, Marcello Veneziani, Stenio Solinas e Gianfranco De Turris.
Nella prima parte del saggio abbiamo esposto in modo ampio le interpretazioni filosofico-politiche e sociologiche di maggiore rilevanza volte a demistificare la visione del mondo dell’intellettuale antagonista facendo riferimento alle riflessioni – quanto mai attuali – di Raymond Aron, Luciano Pellicani, Lucio Colletti, Giuseppe Bedeschi e Daniel Bell.
Per quanto concerne le tematiche espresse dai chierici o intellettuali della sinistra novecentesca presi in esame nella seconda parte saggio queste sono state individuate nel rifiuto del capitalismo e del liberalismo, dell’Illuminismo e della riflessione cartesiana- baconiana, della democrazia rappresentativa e della società di massa, della rivoluzione industriale, del riformismo gradualistico, della conoscenza oggettiva delle discipline scientifiche interpretata come temibile concorrente rispetto alle forme culturali tradizionali di matrice prevalentemente umanistica e infine del rifiuto dell’America letta come paradigma del male. A tale proposito una delle tematiche che ha accomunato – ed accomuna – sia la sinistra radicale che la destra radicale è certamente l’anti-americanismo le cui motivazioni sono state individuate con estrema lucidità da Massimo Teodori. Secondo lo studioso italiano le cause sono da individuarsi ora nella avversione alla politica di potenza americana ora nel rigetto del modello culturale americano e più esattamente nel rifiuto consapevole o meno dell’individualismo, del capitalismo, del primato tecnologico, del pragmatismo sostanzialmente anti-ideologico. Facendo riferimento alle tesi del sociologo Paul Hollander Teodori rileva come l’antiamericanismo sia interpretabile come anti-americanismo di natura nazionalista, di natura anticapitalista e infine si origini dal rifiuto della modernità. La diffusione dell’individualismo, del liberalismo del capitalismo hanno cioè messo in crisi i valori tradizionali determinando un atteggiamento di ostilità più o meno radicale. Ebbene non c‘è dubbio che da un punto di vista squisitamente storico l’antiamericanismo nel suo complesso sia stato teorizzato e difeso da tutti coloro – rileva Teodori – che si sono fatti – e si fanno – portavoci di programmi politici rivoluzionari e reazionari. Nonostante le ideologie totalitarie di destra e di sinistra siano concluse tanto quanto i modelli anticapitalisti e terzomondisti, l’antiamericanismo continuerà ad essere teorizzato da ideologie radicali come quelle presenti nel movimento alterglobal.
Quanto alla concezione della storia degli intellettuali di sinistra che è emersa – ora implicitamente ora esplicitamente nel saggio – questa è stata di volta in volta descritta attraverso scenari apocalittici, è stata letta in un’ottica messianica ed escatologica – rigettandone la complessità e determinando la mitizzazione della società preindustriale – e in un’ottica manichea sia in relazione alla dimensione politica che a quella morale e culturale. La lettura fatta della storia dagli intellettuali di sinistra ha inoltre determinato una interpretazione arbitraria e priva di rigore storico-filologico sia della filosofia che dello sviluppo delle istituzioni, conducendo inevitabilmente ad una utilizzazione di strumenti interpretativi della realtà sociale assolutamente inadatti ad interpretarla, alla elaborazione di modelli interpretativi del tutto privi di riscontro oggettivo e ad accostamenti arbitrari e strumentali tra sistemi di potere asimmetrici. Quanto all’immagine dell’intellettuale che emerge nel saggio è quella di un soggetto con un atteggiamento di indignazione permanente verso la realtà, nei cui confronti nutre l’utopica speranza di poterla trasformare radicalmente e di redimerla dai suoi mali. È emersa insomma una figura di intellettuale estraneo al mondo moderno (ma in taluni casi pienamente e contraddittoriamente inserito in esso), consapevole di essere diventato una figura del tutto marginale rispetto allo specialista nel campo delle scienze umane e delle scienze matematiche e naturali, un intellettuale che ha dunque assunto proprio per questa ragione un atteggiamento di risentimento, di rancore e di frustrazione verso la cultura scientifica e tecnologica come verso il capitalismo. Inoltre l’intellettuale di sinistra ha attuato una interpretazione dicotomica della realtà in base alla quale se da un lato ha mitizzato il sessantotto, le società preindustriale, la civiltà greca, la civiltà orientale, la Comune di Parigi dall’altro lato ha invece demonizzato il potere politico, la democrazia rappresentativa, il liberalismo e il capitalismo. Quanto alle alternative indicate queste si sono concretizzate ora in una forma di democrazia partecipativa dai contorni vaghissimi ora in una visione estetizzante della politica di matrice neoromantica ora in un’alternativa totalitaria di matrice marxista ora in un percorso mistico individuale ora infine in un’assenza vera e propria di alternativa. Quanto alle pratiche antagoniste progettate o messe in atto per contrastare e trasformare radicalmente il sistema di pensiero dominante queste sono state individuate: nel modello babeuvista e leninista, nella sovversione culturale attraverso la controinformazione, il sabotaggio e la disinformazione e nella disubbidienza civile.
Per quanto riguarda la cultura della destra radicale – l’espressione radicale si riferisce naturalmente a quegli autori le cui riflessioni risultano incompatibili con quelle del liberalismo e della Scuola Austriaca come ha opportunamente precisato Raimando Cubeddu nel saggio Atlante del liberalismo (Ideazione, 1997, p. 135) riflessioni che sono state apertamente avversate da De Maistre, Nietzsche, Heidegger, Gentile, Schmitt, Splenger, Pound, Guénon, La Rochelle, Céline, Evola, Cioran e Eliade le cui tematiche sono state illustrate nella terza parte del saggio questa ha rigettato di volta in volta: il comunismo, il liberalismo, l’illuminismo, l’individualismo, il capitalismo, la democrazia rappresentativa e parlamentare, la scienza e la tecnica, la civiltà industriale, l’empirismo e lo sperimentalismo nati durante la rivoluzione industriale, la rivoluzione scientifica, la riflessione cartesiana e baconiana e infine l’economia come scienza oltre che naturalmente la cultura di massa vista come cultura omologante ed alienante. Anche in questo caso l’interpretazione data della storia da parte degli intellettuali della destra radicale è assai lontana da quella delle scienze storiche e si è concretizzata: nella mitizzazione del concetto di nazione, nella demonizzazione della società preindustriale, nell’equipollenza – priva di qualunque legittimità storica – tra stalinismo e industrialismo, tra sistema liberale e sistemi totalitari, in una visione ciclica di matrice neosplengeriana in cui la civiltà moderna è vista come una inesorabile decadenza rispetto alla società preindustriale mitizzata, in una visione dicotomica in cui vi è una permanente ed irriducibile contrapposizione tra sapere profano e sacro, tra cultura umanista e cultura scientifica e infine tra cultura occidentale ed orientale. Di particolare interesse è il procedimento di vera e propria strumentalizzazione ideologica messo in atto dalla Nuova Destra nei confronti dei risultati delle scienze naturali e umane strumentalizzazione che naturalmente nasce da una lettura assolutamente arbitraria delle stesse. Quanto alle alternative indicate dagli intellettuali della destra radicale rispetto al sistema dominante attuale, queste sono state individuate: in un totalitarismo di matrice stalinista e nazifascista, nel nazionalismo di tipo militare o di tipo social rivoluzionario, in una forma di individualismo aristocratico ed estetizzante, nel recupero di una tradizione di matrice spiritualistica edificabile politicamente sul corporativismo, nel misticismo di tradizione orientale ed occidentale e infine in un’Europa imperiale federale di matrice ghibellina. Per quanto concerne l’intellettuale della destra radicale, il suo ruolo -caratterizzato da un atteggiamento profetico e di permanente indignazione analoga a quella dell’intellettuale della sinistra radicale – si è concretizzato nella convinzione di potere sovvertire il sistema dominante sfruttandone le debolezze attraverso tecniche di sabotaggio, di infiltrazione all’interno del sistema dominante e di pratiche rivoluzionarie di natura reazionaria.
Il volume si conclude con due distinte appendici. La prima appendice ha avuto come sua finalità quella di mostrare le mistificazioni epistemologiche di noti esponenti della filosofia contemporanea, mistificazioni analoghe a quelle emerse sia nella seconda che nella terza parte del saggio. Infine la seconda appendice illustra sinteticamente le riflessioni di Umberto Galimberti, di Marcello Veneziani e Massimo Fini che risultano a tal punto omologhe e convergenti nelle finalità che potrebbero essere intercambiabili le une con le altre.
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I chierici della rivoluzione e della reazione – saggio di Gagliano Giuseppe Presidente del Centro Studi Strategici Carlo De Cristoforis (cestudec.com) – presenta al lettore italiano una analisi comparativa tra intellettuali di sinistra e intellettuali della destra radicale sulla base dell’anticapitalismo, dell’antiliberalismo e del rifiuto della democrazia rappresentativa che li ha caratterizzati.
Giuseppe Gagliano, I chierici della rivoluzione e della reazione, Aracne, 2013.