L’8 febbraio si è svolta a Roma, presso il Teatro Brancaccio, la ''Giornata del Ricordo'', organizzata dalla Consulta Provinciale degli Studenti di Roma, con il Comitato 10 febbraio, e la SISAEM. Sono intervenuti al dibattito l’On. Giorgia Meloni, Vice Presidente della Camera dei Deputati e Jean Léonard Touadi, Assessore alle politiche giovanili del Comune di Roma. Hanno presentato le proprie relazioni il Prof. Paolo Simoncelli, il Prof. Augusto Sinagra, entrambi dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, e la Dott.ssa Roberta Fidanzia, professore a contratto presso la medesima Università e Presidente SISAEM. E' intervenuto, infine, il Vice Presidente del Comitato 10 febbraio Marco Perissa.
Il 9 febbraio, alle ore 17,00 presso la Basilica di San Giovanni in Laterano in Roma, nella Cappella di S. Venanzio è stata celebrata dall'Arcivescovo Emerito Szczepan Wesoly e da Monsignor Morawiec Bronislaw, la Santa Messa in memoria dei Caduti giuliani e dalmati. L'evento è stato organizzato dalla SISAEM.
— La Giornata del Ricordo a Roma
domenica febbraio 18, 2007
Angelo GambellaGiorno del Ricordo Roma Istria Dalmazia
martedì febbraio 6, 2007
Giorno del Ricordo 2007
Il 10 febbraio è la data del “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale. Il tema dell’esilio, così presente nel Medioevo, richiama l’attenzione dei ricercatori della SISAEM.
La SISAEM, Società Internazionale per lo Studio dell’Adriatico nell’Età Medievale, con sede in Roma, ha lo scopo di elevare e diffondere la cultura storica in generale, la conoscenza della storia dell’Adriatico dall’Antichità all’Età Contemporanea, e, in particolare, di promuovere gli studi relativi all’Adriatico nel Medioevo e nel Rinascimento (secc. V-XVI), nella loro più ampia accezione e la loro valorizzazione nell’ambito scientifico, scolastico e civile. A tale scopo ha patrocinato numerosi eventi di alto rilievo culturale e sociale volti a divulgare la storia e la cultura dell’Adriatico. In particolare, la SISAEM ha al suo attivo incontri finalizzati alla valorizzazione della storia giuliano-dalmata, sia quella più remota, che quella attuale.
La Società di studi storici partecipa ad iniziative culturali che hanno luogo in Italia in diretta continuazione con l’attività svolta negli anni scorsi dagli studiosi e dai soci che ad essa hanno aderito.
Eventi organizzati dalla SISAEM:
9 febbraio, ore 16,30. ROMA Basilica di San Giovanni in Laterano, Cappella di S. Venanzio (Cappella dei Santi Dalmati). Santa Messa in memoria dei Caduti giuliani e dalmati. La funzione religiosa sarà officiata dall’Arcivescovo Emerito S.E. Szczepan Wesoly, Rettore della Chiesa di San Stanislao in Roma e da Monsignor Morawiec Bronis?aw. Sarà commemorata la figura di Fra' Giulio Rella.
17 febbraio, ore 9,00. ROMA Istituto Comprensivo Paritario “Divina Provvidenza”, Via Matteo Bartoli, 255 (Quartiere Giuliano-Dalmata). Proiezione del film “Il Cuore nel pozzo”, nell’ambito dello svolgimento dei Moduli didattici sulla Storia del Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, a cura della Dott.ssa Roberta Fidanzia e promossi dalla SISAEM.
Iniziative organizzate in collaborazione con la SISAEM:
7 febbraio, ore 10,00. ROMA Università degli Studi “La Sapienza” - Facoltà di Economia. Conferenza stampa di presentazione delle iniziative del “Comitato 10 Febbraio”.
8 febbraio, ore 9,30 - 12,30. ROMA Giornata del Ricordo presso il Teatro Brancaccio, Via Merulana 244. Convegno storico: relazioni del Prof. Paolo Simoncelli, Docente di Storia Moderna, e del Prof. Augusto Sinagra, Docente di Diritto dell’Unione Europea, entrambi dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Interventi dell’On. Giorgia Meloni, Vice Presidente della Camera dei Deputati, dell’Assessore alle Politiche giovanili del Comune di Roma, Jean Léonard Touadi, del Presidente Nazionale del “Comitato 10 febbraio”, Federico Blasevich, della Dott.ssa Roberta Fidanzia, Presidente SISAEM. A seguire: balletto dell’Accademia Nazionale di Danza del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele, esibizione Musicale di Paula Papadopulos e Cristina Puia; proiezione del filmato “Io ricordo e tu?”.
10 febbraio, ore 18,00. ROMA Deposizione di una corona presso l’Altare della Patria.
13 febbraio, ore 10,30. ROMA Conferenza storica presso l’Istituto Sant’Anna, Viale Marconi, 700. Intervengono: Marco Perissa, Vice Presidente Nazionale del Comitato 10 febbraio, Roberta Fidanzia, Presidente SISAEM.
Eventi storici e culturali internazionali telematici:
GiornodelRicordo.it
1° convegno telematico 5-15 febbraio 2007
Gli argomenti del Convegno telematico sono l’esodo giuliano-dalmata e, più in generale, il confine orientale italiano dal 1900 al 1960 (storia, cultura, territorio, comunità, persone).
L’evento è organizzato da: ASIME, SISAEM e “Il Giuliano Dalmata” e si svolge interamente a distanza all’indirizzo web www.giornodelricordo.it.
Corso online: l’Istria nel Medioevo, 2a edizione
Dal 10 al 28 febbraio 2007
Gli iscritti riceveranno direttamente via e.mail, con cadenza periodica, 5 contributi in formato PDF redatti da storici e studiosi di storia giuliano-dalmata. Il corso è curato dal Medioevo Italiano Project e dalla SISAEM. Il sito web è www.giuliano-dalmata.net.
Periodici a stampa:
È disponibile, in edicola ed in libreria, il numero 2 de “Il Giuliano Dalmata. Rivista d’informazione culturale adriatica”. Il sito web è http://www.ilgiulianodalmata.it
Eventi mediatici:
9 febbraio, ore 12,30-13,00: trasmissione televisiva “Piazza del Popolo”, RomaUno (Sky canale 860), puntata dedicata al tema. Intervengono il Prof. Augusto Sinagra, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma e Roberta Fidanzia, Dottore di Ricerca, Università degli Studi “La Sapienza”.
***
Per saperne di più:
SISAEM
Società Internazionale per lo Studio dell’Adriatico nell’Età Medievale
Centro di Documentazione Storica e Multimediale dall’Antichità all’Età Contemporanea
Viale Oscar Sinigaglia, 48 - 00143 Roma - tel. 06.916501181 - www.sisaem.it - posta@sisaem.it
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— Angelo Gambella
Il 10 febbraio è la data del “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale. Il tema dell’esilio, così presente nel Medioevo, richiama l’attenzione dei ricercatori della SISAEM.
La SISAEM, Società Internazionale per lo Studio dell’Adriatico nell’Età Medievale, con sede in Roma, ha lo scopo di elevare e diffondere la cultura storica in generale, la conoscenza della storia dell’Adriatico dall’Antichità all’Età Contemporanea, e, in particolare, di promuovere gli studi relativi all’Adriatico nel Medioevo e nel Rinascimento (secc. V-XVI), nella loro più ampia accezione e la loro valorizzazione nell’ambito scientifico, scolastico e civile. A tale scopo ha patrocinato numerosi eventi di alto rilievo culturale e sociale volti a divulgare la storia e la cultura dell’Adriatico. In particolare, la SISAEM ha al suo attivo incontri finalizzati alla valorizzazione della storia giuliano-dalmata, sia quella più remota, che quella attuale.
La Società di studi storici partecipa ad iniziative culturali che hanno luogo in Italia in diretta continuazione con l’attività svolta negli anni scorsi dagli studiosi e dai soci che ad essa hanno aderito.
Eventi organizzati dalla SISAEM:
9 febbraio, ore 16,30. ROMA Basilica di San Giovanni in Laterano, Cappella di S. Venanzio (Cappella dei Santi Dalmati). Santa Messa in memoria dei Caduti giuliani e dalmati. La funzione religiosa sarà officiata dall’Arcivescovo Emerito S.E. Szczepan Wesoly, Rettore della Chiesa di San Stanislao in Roma e da Monsignor Morawiec Bronis?aw. Sarà commemorata la figura di Fra' Giulio Rella.
17 febbraio, ore 9,00. ROMA Istituto Comprensivo Paritario “Divina Provvidenza”, Via Matteo Bartoli, 255 (Quartiere Giuliano-Dalmata). Proiezione del film “Il Cuore nel pozzo”, nell’ambito dello svolgimento dei Moduli didattici sulla Storia del Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, a cura della Dott.ssa Roberta Fidanzia e promossi dalla SISAEM.
Iniziative organizzate in collaborazione con la SISAEM:
7 febbraio, ore 10,00. ROMA Università degli Studi “La Sapienza” - Facoltà di Economia. Conferenza stampa di presentazione delle iniziative del “Comitato 10 Febbraio”.
8 febbraio, ore 9,30 - 12,30. ROMA Giornata del Ricordo presso il Teatro Brancaccio, Via Merulana 244. Convegno storico: relazioni del Prof. Paolo Simoncelli, Docente di Storia Moderna, e del Prof. Augusto Sinagra, Docente di Diritto dell’Unione Europea, entrambi dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Interventi dell’On. Giorgia Meloni, Vice Presidente della Camera dei Deputati, dell’Assessore alle Politiche giovanili del Comune di Roma, Jean Léonard Touadi, del Presidente Nazionale del “Comitato 10 febbraio”, Federico Blasevich, della Dott.ssa Roberta Fidanzia, Presidente SISAEM. A seguire: balletto dell’Accademia Nazionale di Danza del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele, esibizione Musicale di Paula Papadopulos e Cristina Puia; proiezione del filmato “Io ricordo e tu?”.
10 febbraio, ore 18,00. ROMA Deposizione di una corona presso l’Altare della Patria.
13 febbraio, ore 10,30. ROMA Conferenza storica presso l’Istituto Sant’Anna, Viale Marconi, 700. Intervengono: Marco Perissa, Vice Presidente Nazionale del Comitato 10 febbraio, Roberta Fidanzia, Presidente SISAEM.
Eventi storici e culturali internazionali telematici:
GiornodelRicordo.it
1° convegno telematico 5-15 febbraio 2007
Gli argomenti del Convegno telematico sono l’esodo giuliano-dalmata e, più in generale, il confine orientale italiano dal 1900 al 1960 (storia, cultura, territorio, comunità, persone).
L’evento è organizzato da: ASIME, SISAEM e “Il Giuliano Dalmata” e si svolge interamente a distanza all’indirizzo web www.giornodelricordo.it.
Corso online: l’Istria nel Medioevo, 2a edizione
Dal 10 al 28 febbraio 2007
Gli iscritti riceveranno direttamente via e.mail, con cadenza periodica, 5 contributi in formato PDF redatti da storici e studiosi di storia giuliano-dalmata. Il corso è curato dal Medioevo Italiano Project e dalla SISAEM. Il sito web è www.giuliano-dalmata.net.
Periodici a stampa:
È disponibile, in edicola ed in libreria, il numero 2 de “Il Giuliano Dalmata. Rivista d’informazione culturale adriatica”. Il sito web è http://www.ilgiulianodalmata.it
Eventi mediatici:
9 febbraio, ore 12,30-13,00: trasmissione televisiva “Piazza del Popolo”, RomaUno (Sky canale 860), puntata dedicata al tema. Intervengono il Prof. Augusto Sinagra, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma e Roberta Fidanzia, Dottore di Ricerca, Università degli Studi “La Sapienza”.
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Per saperne di più:
SISAEM
Società Internazionale per lo Studio dell’Adriatico nell’Età Medievale
Centro di Documentazione Storica e Multimediale dall’Antichità all’Età Contemporanea
Viale Oscar Sinigaglia, 48 - 00143 Roma - tel. 06.916501181 - www.sisaem.it - posta@sisaem.it
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La Sapienza inaugura l'anno accademico
martedì gennaio 23, 2007
L'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma inaugura l’anno accademico 2006/2007 laureando il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso.
L'evento, che ha avuto luogo lunedì 15 gennaio 2007 alle ore 10.45 presso l'Aula Magna del Rettorato, ha aperto ufficialmente l’anno accademico 2006/2007, 704° dalla fondazione.
In occasione di questa cerimonia è stata conferita la laurea honoris causa in Economia e istituzioni dell’integrazione europea e internazionale al Presidente portoghese della Commissione Europea José Manuel Barroso.
La consegna di questo riconoscimento accademico ha chiuso le celebrazioni svolte in occasione del centenario della facoltà di Economia del principale Ateneo Capitolino.
Con la fusione di questi due momenti l'Università ha voluto testimoniare un'apertura alla sfera internazionale ed un convinto orientamento al contesto europeo.
“Creare l’Europa della conoscenza – ha dichiarato il Rettore Renato Guarini - non significa solo attrezzarsi con strumenti efficaci al confronto internazionale, ma soprattutto proporre con convinzione un modello di civiltà, di sviluppo sociale ed economico. E la nostra università intende contribuire allo sviluppo della società della conoscenza attraverso la qualità della ricerca, la formazione di eccellenza e la cooperazione internazionale”.
A tal fine Guarini ha sottolineato che le accademie europee devono recuperare la consapevolezza del proprio ruolo nel progresso civile ed economico, anche attraverso “una riaffermazione di cittadinanza che sappia ridare fiducia agli atenei europei e confermare l’importanza di quella straordinaria rete di diffusione della conoscenza che l’Europa ha costruito con le sue università a partire dal Medioevo, elemento fondamentale della koiné europea”.
Tra le altre cose, il Rettore ha auspicato un cambiamento riguardante l’assetto strutturale delle università europee, basato, ora, su due modelli alternativi di finanziamento: pubblico e privato.
“Si tratta di una contrapposizione da superare –ha affermato- prevedendo per le università pubbliche contributi privati accanto ad un impegno statale prioritario e per le private un maggiore impegno alla soluzione dei problemi che la società denuncia. La capacità di acquisire contributi esterni privati può consentire agli atenei europei, ma in particolare a quelli italiani, di valutare diversamente l’annosa questione del sottofinanziamento”.
Sono seguiti gli interventi del rappresentante degli studenti Lorenza Falcone e del rappresentante del personale tecnico-amministrativo Roberto Ligia.
L’elogio di José Manuel Barroso è stato affidato al Professor Alessandro Nigro e l’allocuzione al Preside di Economia Attilio Celant. Nella lectio magistralis Barroso ha, infine, ricordato alcune delle ricorrenze di impronta europea che cadono nel 2007: i 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma ed il centenario della nascita di Altiero Spinelli, padre dell’idea europea.
— Roberta Fidanzia
L'evento, che ha avuto luogo lunedì 15 gennaio 2007 alle ore 10.45 presso l'Aula Magna del Rettorato, ha aperto ufficialmente l’anno accademico 2006/2007, 704° dalla fondazione.
In occasione di questa cerimonia è stata conferita la laurea honoris causa in Economia e istituzioni dell’integrazione europea e internazionale al Presidente portoghese della Commissione Europea José Manuel Barroso.
La consegna di questo riconoscimento accademico ha chiuso le celebrazioni svolte in occasione del centenario della facoltà di Economia del principale Ateneo Capitolino.
Con la fusione di questi due momenti l'Università ha voluto testimoniare un'apertura alla sfera internazionale ed un convinto orientamento al contesto europeo.
“Creare l’Europa della conoscenza – ha dichiarato il Rettore Renato Guarini - non significa solo attrezzarsi con strumenti efficaci al confronto internazionale, ma soprattutto proporre con convinzione un modello di civiltà, di sviluppo sociale ed economico. E la nostra università intende contribuire allo sviluppo della società della conoscenza attraverso la qualità della ricerca, la formazione di eccellenza e la cooperazione internazionale”.
A tal fine Guarini ha sottolineato che le accademie europee devono recuperare la consapevolezza del proprio ruolo nel progresso civile ed economico, anche attraverso “una riaffermazione di cittadinanza che sappia ridare fiducia agli atenei europei e confermare l’importanza di quella straordinaria rete di diffusione della conoscenza che l’Europa ha costruito con le sue università a partire dal Medioevo, elemento fondamentale della koiné europea”.
Tra le altre cose, il Rettore ha auspicato un cambiamento riguardante l’assetto strutturale delle università europee, basato, ora, su due modelli alternativi di finanziamento: pubblico e privato.
“Si tratta di una contrapposizione da superare –ha affermato- prevedendo per le università pubbliche contributi privati accanto ad un impegno statale prioritario e per le private un maggiore impegno alla soluzione dei problemi che la società denuncia. La capacità di acquisire contributi esterni privati può consentire agli atenei europei, ma in particolare a quelli italiani, di valutare diversamente l’annosa questione del sottofinanziamento”.
Sono seguiti gli interventi del rappresentante degli studenti Lorenza Falcone e del rappresentante del personale tecnico-amministrativo Roberto Ligia.
L’elogio di José Manuel Barroso è stato affidato al Professor Alessandro Nigro e l’allocuzione al Preside di Economia Attilio Celant. Nella lectio magistralis Barroso ha, infine, ricordato alcune delle ricorrenze di impronta europea che cadono nel 2007: i 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma ed il centenario della nascita di Altiero Spinelli, padre dell’idea europea.
Nuova orchestra de "La Sapienza"
sabato gennaio 20, 2007
L'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" ha avviato il progetto di costituzione di un'orchestra d'Ateneo.
Scopo è quello di promuovere la conoscenza e la cultura della musica, nonché la solidarietà all’interno dell’università.
Per lo sviluppo di questo progetto è stata costituita un’apposita commissione che svolgerà una ricognizione circa le disponibilità e le capacità dei futuri musicisti.
Il progetto è nato in seguito alle richieste numerose da parte di studenti e non solo.
Le selezioni, infatti, sono aperte anche a laureati, dottorandi, docenti e personale tecnico-amministrativo.
Per partecipare alle selezioni è necessario compilare la scheda presente nel sito dell'Ateneo ed inviarla all’indirizzo riportato.
La data di scadenza per le domande è stata prorogata al 15 marzo 2007.
La costituzione dell'orchestra è il progetto principale, ma sono previste altre interessanti iniziative collegate, come la costituzione di una banda e di vari gruppi musicali.
E allora, musica Maestro!
— Roberta Fidanzia
Scopo è quello di promuovere la conoscenza e la cultura della musica, nonché la solidarietà all’interno dell’università.
Per lo sviluppo di questo progetto è stata costituita un’apposita commissione che svolgerà una ricognizione circa le disponibilità e le capacità dei futuri musicisti.
Il progetto è nato in seguito alle richieste numerose da parte di studenti e non solo.
Le selezioni, infatti, sono aperte anche a laureati, dottorandi, docenti e personale tecnico-amministrativo.
Per partecipare alle selezioni è necessario compilare la scheda presente nel sito dell'Ateneo ed inviarla all’indirizzo riportato.
La data di scadenza per le domande è stata prorogata al 15 marzo 2007.
La costituzione dell'orchestra è il progetto principale, ma sono previste altre interessanti iniziative collegate, come la costituzione di una banda e di vari gruppi musicali.
E allora, musica Maestro!
L’immagine del Presepe nelle fonti francescane
sabato dicembre 23, 2006
A partire dal 1223, dopo l’approvazione della Regola, per alcuni biografi di Francesco si aprì quel periodo chiamato della “grande tentazione”, ovvero tentazione di abbandonare tutto, tutto quello che egli aveva fondato ma che da altri e da altre necessità era stato modificato. A momenti di sconforto, però, si univano anche momenti di remissione e di pacificazione con se stesso. Uno di questi momenti può essere senza dubbio quello della celebrazione del Santo Natale a Greccio nel 1223.
L’intenzione di Francesco era quella di organizzare una “sacra rappresentazione corale che trasforma[sse] in attore anche il pubblico accorso ad assistervi” . Tutte le persone potevano così partecipare veramente e sentitamente all’evento più importante per i cristiani: la nascita di Cristo.
Nell’idea di Francesco era viva l’intenzione di rappresentare la Natività come essa era realmente avvenuta, con i disagi e le difficoltà che Maria e Giuseppe avevano dovuto affrontare e che il piccolo Gesù si era trovato a vivere. Egli era un bambino - il Dio fatto uomo, il più umile degli uomini - che per questa ragione subiva tutte le difficoltà che la vita gli presentava, fin dal primo istante.
Importante risulta notare che nella sua ricostruzione Francesco si basa anche sul racconto dei Vangeli apocrifi. I Vangeli tradizionali, infatti, non accennano al bue o all’asinello, mentre quelli apocrifi riportano con dovizia questi ed altri dettagli. Francesco recupera queste immagini, consapevole, forse, proprio del loro valore umano e popolare.
Con la rappresentazione viva del Presepe la gente, la folla, avrebbe avuto di fronte a sé i brani del Vangelo. Tutti avrebbero potuto vivere la natività di Cristo, immedesimandosi nei personaggi ed avendo un contatto più vicino e diretto con il miracolo della Natività. Francesco riuscì a trasportare, in questo modo, il racconto evangelico dal piano della religione colta – non bisogna infatti dimenticare che la lettura dei testi avveniva in latino con voce del sacerdote che commentava nella predica la lettura dei passi evangelici, ma questa non riusciva a penetrare nei cuori e nelle anime e rimaneva distaccata dalle necessità della gente comune, che conosceva poco il latino o non lo conosceva affatto e non era in grado di seguire discorsi di teologia – al piano della religione popolare – infatti in questo modo la folla aveva davanti a sé il Bambino, la scena della Natività, poteva viverla e poteva avvicinarsi alla comprensione della Parola che era così percepita in maniera più immediata e diretta.
Racconta Tommaso da Celano, suo primo biografo: “Francesco [era] felice, profondamente commosso. Si rivest[ì] di parametri diaconali e cant[ò] con la sua bella voce il Vangelo, predic[ò] con parole dolcissime, trascin[ò] ed entusiasm[ò] gli astanti rievocando la piccola città di Betlemme, il Bambino divino e poverissimo, con tale entusiasmo infuocato che un cavaliere […] ebbe una visione: ‘gli sembrava infatti che un neonato giacesse esanime nella mangiatoia, che il santo di Dio si avvicinasse e destasse quel medesimo bambino da quella specie di sonno profondo. Questa visione non manca[va] – conclude Tommaso – di un suo significato perché davvero il fanciullo Gesù giaceva dimenticato nel cuore di molti e per grazia di Cristo, tramite il servo suo Francesco, fu risuscitato e il suo ricordo impresso in una memoria di nuovo partecipe’”.
Importante era, quindi, il significato profondo che si dava alla rappresentazione popolare della Natività: quello, cioè, di far rivivere nel cuore delle persone semplici, dei contadini, degli umili, l’immagine vivida di Gesù Bambino , che si era andata allontanando dall’immaginario popolare rimanendo serrata nei libri e negli strumenti di religiosità colta, per arrivare a far parte, infine, anche di quella che era la religione popolare.
In questo episodio, come in tutti gli altri legati ai miracoli di Francesco, si nota sempre più evidente l’avvicinamento del santo agli umili e ai poveri, in tutti i sensi. La sua religione è una religione popolare dall’inizio, con le sortes apostolorum, alla fine, con il Presepio, ed anche dopo la morte, con le Stimmate. Francesco non vuole i libri per predicare, per studiare, per imparare ed insegnare. Francesco vuole solo ascoltare e divulgare la parola di Gesù, con il canto, con le immagini, con l’esempio. In questo sta il profondo significato della sua opera: egli è diventato un povero, un lebbroso, un emarginato, per divulgare la parola di Dio, secondo le forme caratteristiche della religiosità popolare, ha tentato di capire a fondo, e vi è riuscito, le esigenze spirituali della gente, e, contemporaneamente, è rimasto nell’ambito della Chiesa, senza cadere nell’eresia e nell’insubordinazione nei confronti dell’autorità ecclesiastica.
Il significato intimo del Presepe è più volte evidenziato nelle fonti francescane, sia come strumento di obbedienza alla Chiesa, sia come strumento di elevazione nella povertà. Dalle parole di vari biografi e nei brani di teologi francescani risulta chiara l’importanza della rappresentazione del Presepe.
Ad esempio nella Cronaca delle sette tribolazioni di Angelo Clareno a proposito dell’amore di Cristo e della povertà si legge:
"Egli poi, a quelli che sentiva perfetti nell’amore di Cristo, apriva i secreti del suo cuore, ricevuti direttamente da Cristo e insegnava che l’amore e l’osservanza fedele e piena della povertà e dell’umiltà di Cristo è il fondamento, la sostanza e la radice della vita evangelica e della Regola a lui rivelata da Cristo: quella povertà ed umiltà che Cristo, il Figlio di Dio, consacrò: egli che è nato in una grotta da madre povera, che è stato deposto nel presepio, involto in pannicelli, perché non c’era posto per lui nell’albergo; e poi circonciso e offerto, e fuggì in Egitto e poi ritornando abitò a Nazaret, mendicando per tre giorni, e poi digiunò, predicò, morì, fu sepolto in un sepolcro altrui e risorse da morte".
Questa, diceva, è radice dell’obbedienza, madre della rinuncia, morte del compiacimento di sé e dell’avidità e dell’avarizia, obbedienza della fede, costruzione della speranza, dimostrazione dell’umiltà, prova e genitrice della pace di Dio, che supera ogni senso.
Ne L’Albero della vita di Ubertino da Casale, ritorna ancora il motivo della povertà: “Essa [la povertà] si strinse a te con tanta fedeltà che fin da quando eri nel seno della madre incominciò il suo ossequio, poiché, come si pensa, avesti il più piccolo tra i corpi animati. Quando usciti dal grembo, t’accolse nel santo presepio in una stalla e, mentre vivevi nel mondo, talmente ti lasciò privo di tutto che ti fece mancare anche un luogo ove posare il capo.
Anche negli Scritti di Chiara d’Assisi compare evidente l’insegnamento di Francesco ad amare la povertà: “E per amore del santissimo Bambino, ravvolto in poveri pannicelli e adagiato nel presepio, e della sua santissima Madre, ammonisco, prego caldamente ed esorto le mie sorelle a vestire sempre indumenti vili”e ancora: “Mira, in alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe e avvolto in poveri pannicelli. O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia!
Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà, e insieme ancora la beata povertà, le fatiche e pene senza numero ch’Egli sostenne per la redenzione del genere umano.
E, in basso, contempla l’ineffabile carità per la quale volle patire sul legno della croce e su di essa morire della morte più infamante. Perciò è lo stesso specchio che, dall’alto del legno della croce, rivolge ai passanti la sua voce perché si fermino a meditare: O voi tutti, che sulla strada passate, fermatevi a vedere se esiste un dolore simile al mio; e rispondiamo, dico a Lui che chiama e geme, ad una voce e con un solo cuore: non mi abbandonerà mai il ricordo di te e si struggerà in me l’anima mia”.
Ritornando, in conclusione, sull’importanza della rappresentazione religiosa e popolare del presepe e sul suo impatto rinnovatore, risulta opportuno riportare le belle parole del Grundmann, il quale rende pieno merito a Francesco e al suo ordine per aver saputo riportare la Chiesa tra la gente e la gente alla Chiesa: “l’eresia aveva acquistato un altro senso e un diverso contenuto da quando la Chiesa aveva ricevuto una nuova struttura, da quando gerarchia e movimento religioso non erano più in contrasto, ma uniti strettamente”.
Dalla Vita Prima di Tommaso da Celano, Il Presepe di Greccio
La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita ancora migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quello della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhio del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposta dal Santo.
E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signori, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è li estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali, poiché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava il “Bambino di Betlemme”, e quel nome “Betlemme” lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva “Bambino di Betlemme” o “Gesù”, passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria.
Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durantge un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.
Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di San Francesco, affinché la dove un tempo gli animali hanno mangiato il firno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.
— Roberta Fidanzia
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L’intenzione di Francesco era quella di organizzare una “sacra rappresentazione corale che trasforma[sse] in attore anche il pubblico accorso ad assistervi” . Tutte le persone potevano così partecipare veramente e sentitamente all’evento più importante per i cristiani: la nascita di Cristo.
Nell’idea di Francesco era viva l’intenzione di rappresentare la Natività come essa era realmente avvenuta, con i disagi e le difficoltà che Maria e Giuseppe avevano dovuto affrontare e che il piccolo Gesù si era trovato a vivere. Egli era un bambino - il Dio fatto uomo, il più umile degli uomini - che per questa ragione subiva tutte le difficoltà che la vita gli presentava, fin dal primo istante.
Importante risulta notare che nella sua ricostruzione Francesco si basa anche sul racconto dei Vangeli apocrifi. I Vangeli tradizionali, infatti, non accennano al bue o all’asinello, mentre quelli apocrifi riportano con dovizia questi ed altri dettagli. Francesco recupera queste immagini, consapevole, forse, proprio del loro valore umano e popolare.
Con la rappresentazione viva del Presepe la gente, la folla, avrebbe avuto di fronte a sé i brani del Vangelo. Tutti avrebbero potuto vivere la natività di Cristo, immedesimandosi nei personaggi ed avendo un contatto più vicino e diretto con il miracolo della Natività. Francesco riuscì a trasportare, in questo modo, il racconto evangelico dal piano della religione colta – non bisogna infatti dimenticare che la lettura dei testi avveniva in latino con voce del sacerdote che commentava nella predica la lettura dei passi evangelici, ma questa non riusciva a penetrare nei cuori e nelle anime e rimaneva distaccata dalle necessità della gente comune, che conosceva poco il latino o non lo conosceva affatto e non era in grado di seguire discorsi di teologia – al piano della religione popolare – infatti in questo modo la folla aveva davanti a sé il Bambino, la scena della Natività, poteva viverla e poteva avvicinarsi alla comprensione della Parola che era così percepita in maniera più immediata e diretta.
Racconta Tommaso da Celano, suo primo biografo: “Francesco [era] felice, profondamente commosso. Si rivest[ì] di parametri diaconali e cant[ò] con la sua bella voce il Vangelo, predic[ò] con parole dolcissime, trascin[ò] ed entusiasm[ò] gli astanti rievocando la piccola città di Betlemme, il Bambino divino e poverissimo, con tale entusiasmo infuocato che un cavaliere […] ebbe una visione: ‘gli sembrava infatti che un neonato giacesse esanime nella mangiatoia, che il santo di Dio si avvicinasse e destasse quel medesimo bambino da quella specie di sonno profondo. Questa visione non manca[va] – conclude Tommaso – di un suo significato perché davvero il fanciullo Gesù giaceva dimenticato nel cuore di molti e per grazia di Cristo, tramite il servo suo Francesco, fu risuscitato e il suo ricordo impresso in una memoria di nuovo partecipe’”.
Importante era, quindi, il significato profondo che si dava alla rappresentazione popolare della Natività: quello, cioè, di far rivivere nel cuore delle persone semplici, dei contadini, degli umili, l’immagine vivida di Gesù Bambino , che si era andata allontanando dall’immaginario popolare rimanendo serrata nei libri e negli strumenti di religiosità colta, per arrivare a far parte, infine, anche di quella che era la religione popolare.
In questo episodio, come in tutti gli altri legati ai miracoli di Francesco, si nota sempre più evidente l’avvicinamento del santo agli umili e ai poveri, in tutti i sensi. La sua religione è una religione popolare dall’inizio, con le sortes apostolorum, alla fine, con il Presepio, ed anche dopo la morte, con le Stimmate. Francesco non vuole i libri per predicare, per studiare, per imparare ed insegnare. Francesco vuole solo ascoltare e divulgare la parola di Gesù, con il canto, con le immagini, con l’esempio. In questo sta il profondo significato della sua opera: egli è diventato un povero, un lebbroso, un emarginato, per divulgare la parola di Dio, secondo le forme caratteristiche della religiosità popolare, ha tentato di capire a fondo, e vi è riuscito, le esigenze spirituali della gente, e, contemporaneamente, è rimasto nell’ambito della Chiesa, senza cadere nell’eresia e nell’insubordinazione nei confronti dell’autorità ecclesiastica.
Il significato intimo del Presepe è più volte evidenziato nelle fonti francescane, sia come strumento di obbedienza alla Chiesa, sia come strumento di elevazione nella povertà. Dalle parole di vari biografi e nei brani di teologi francescani risulta chiara l’importanza della rappresentazione del Presepe.
Ad esempio nella Cronaca delle sette tribolazioni di Angelo Clareno a proposito dell’amore di Cristo e della povertà si legge:
"Egli poi, a quelli che sentiva perfetti nell’amore di Cristo, apriva i secreti del suo cuore, ricevuti direttamente da Cristo e insegnava che l’amore e l’osservanza fedele e piena della povertà e dell’umiltà di Cristo è il fondamento, la sostanza e la radice della vita evangelica e della Regola a lui rivelata da Cristo: quella povertà ed umiltà che Cristo, il Figlio di Dio, consacrò: egli che è nato in una grotta da madre povera, che è stato deposto nel presepio, involto in pannicelli, perché non c’era posto per lui nell’albergo; e poi circonciso e offerto, e fuggì in Egitto e poi ritornando abitò a Nazaret, mendicando per tre giorni, e poi digiunò, predicò, morì, fu sepolto in un sepolcro altrui e risorse da morte".
Questa, diceva, è radice dell’obbedienza, madre della rinuncia, morte del compiacimento di sé e dell’avidità e dell’avarizia, obbedienza della fede, costruzione della speranza, dimostrazione dell’umiltà, prova e genitrice della pace di Dio, che supera ogni senso.
Ne L’Albero della vita di Ubertino da Casale, ritorna ancora il motivo della povertà: “Essa [la povertà] si strinse a te con tanta fedeltà che fin da quando eri nel seno della madre incominciò il suo ossequio, poiché, come si pensa, avesti il più piccolo tra i corpi animati. Quando usciti dal grembo, t’accolse nel santo presepio in una stalla e, mentre vivevi nel mondo, talmente ti lasciò privo di tutto che ti fece mancare anche un luogo ove posare il capo.
Anche negli Scritti di Chiara d’Assisi compare evidente l’insegnamento di Francesco ad amare la povertà: “E per amore del santissimo Bambino, ravvolto in poveri pannicelli e adagiato nel presepio, e della sua santissima Madre, ammonisco, prego caldamente ed esorto le mie sorelle a vestire sempre indumenti vili”e ancora: “Mira, in alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe e avvolto in poveri pannicelli. O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia!
Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà, e insieme ancora la beata povertà, le fatiche e pene senza numero ch’Egli sostenne per la redenzione del genere umano.
E, in basso, contempla l’ineffabile carità per la quale volle patire sul legno della croce e su di essa morire della morte più infamante. Perciò è lo stesso specchio che, dall’alto del legno della croce, rivolge ai passanti la sua voce perché si fermino a meditare: O voi tutti, che sulla strada passate, fermatevi a vedere se esiste un dolore simile al mio; e rispondiamo, dico a Lui che chiama e geme, ad una voce e con un solo cuore: non mi abbandonerà mai il ricordo di te e si struggerà in me l’anima mia”.
Ritornando, in conclusione, sull’importanza della rappresentazione religiosa e popolare del presepe e sul suo impatto rinnovatore, risulta opportuno riportare le belle parole del Grundmann, il quale rende pieno merito a Francesco e al suo ordine per aver saputo riportare la Chiesa tra la gente e la gente alla Chiesa: “l’eresia aveva acquistato un altro senso e un diverso contenuto da quando la Chiesa aveva ricevuto una nuova struttura, da quando gerarchia e movimento religioso non erano più in contrasto, ma uniti strettamente”.
Dalla Vita Prima di Tommaso da Celano, Il Presepe di Greccio
La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita ancora migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quello della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhio del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposta dal Santo.
E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signori, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è li estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali, poiché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava il “Bambino di Betlemme”, e quel nome “Betlemme” lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva “Bambino di Betlemme” o “Gesù”, passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria.
Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durantge un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.
Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di San Francesco, affinché la dove un tempo gli animali hanno mangiato il firno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.