Accadde domani. Fra utopia e distopia contiene contributi di Giuseppe Prestipino, Ernesto Screpanti, Teresa Serra, Raniero La Valle, Fabrizio Giovenale, Carla Ravaioli e Enzo Scandurra.
Articolato in due parti, la prima dedicata al tema delle libertà sociali, la seconda dedicata alla tematica ambientalistica, il lavoro è “la risultante di una serie di incontri sia ristretti che pubblici su argomenti di viva attualità” (p. 7), aventi come obiettivo la formulazione di proposte di riforma pensate per i tempi medio-lunghi del futuro, e non la delineazione di percorsi di un’azione riformatrice rapida, “anche se non necessariamente guidata dallo spirito dell’utopia” (p. 7).
Nella prima parte, che riprende il titolo dal nome del gruppo di lavoro: Per una nuova Città del Sole, sono esposti temi riguardanti la fraternità planetaria, che potrebbe concretizzarsi in nuove forme di cittadinanza; il nuovo diritto delle genti, ispirato alla pace perpetua kantiana; ed, infine, il nuovo concetto giuridico-filosofico di bene pubblico, che non può essere identificato tout court con lo statuale o con il sociale. Nella seconda parte, intitolata Limiti naturali, sono affrontanti temi più strettamente legati all’attualità della necessità delle riforme: dalla nuova pianificazione urbanistica, naturalmente legata al problema ecologico; ai rapporti della nostra specie con la natura; ai problemi dell’equilibrio dinamico tra pubblico e privato, al fine di non involvere in una gabbia burocratica d’ispirazione weberiana o di corruzione semi-legalizzata. Questi i temi su cui gli Autori si sono confrontati, al fine di “poter formulare proposte per un futuro non vicino né troppo lontano” (p. 8).
Riferimenti costanti del volume sono i concetti di utopia e distopia, che diventano strumentali per la comprensione delle singole posizioni degli Autori, sebbene il volume non rappresenti una sintesi della letteratura utopico-distopica.
Cos’è l’utopia e cos’è la distopia?
Arrigo Colombo nel suo volume Utopia e distopia evidenzia come il non-luogo, l’utopia, concepita con il prefisso greco “eu”, sia il progetto storico della società giusta e fraterna, ovvero il progetto che l’umanità persegue poieticamente lungo tutta la sua storia. La distopia è, invece, da opporre all’“utopia”, così come il prefisso greco “dys” è l’opposto di “eu”, ovvero rappresenta la contrapposizione tra il male ed il bene. Quindi distopia è un modello di società perversa, costruito rovesciando il topos della società in atto per denudarne il vizio e proiettandolo non come la società buona cui tendere, ma come la società malvagia da cui difendersi. La distopia, in tal senso, non può essere un progetto per l’umanità. Può essere semmai perseguita da un gruppo di potere, da una minoranza oppressiva; ma per l’umanità, per la società, essa resta solo un modello da evitare o da abbattere.
Nella tensione tra quello che dovrebbe essere il modello di Stato da costruire e quello che è l’esempio da cui sfuggire, si concretizza il tentativo di rispondere alla necessità di trovare forme nuove di legittimazione e di organizzazione che forniscano alla realtà statuale ragion d’essere e scopi, e le consentano di realizzare sempre meglio l’uguaglianza, che è patrimonio della democrazia.
La prima parte, come si è accennato, offre una lettura del problema della libertà e delle libertà sociali in un’ottica incentrata sulla contemporaneità e sui suoi problemi sociali, politici ed economici. Si parte dall’attualizzazione della filosofia della libertà, letta nell’ottica del ripensamento dello stato sociale come “l’insieme delle condizioni economiche e politiche che rendono possibile l’estensione della libertà a tutti i cittadini, piuttosto che come di quelle che mirano a ridistribuire il benessere” (Dal benessere alla libertà, Ernesto Screpanti, p. 25), per trasformarla in un modello utopico in cui “la libertà sarà il valore per eccellenza, in primo luogo come sinonimo della dignità di ciascuno” (Giuseppe Prestipino, Il futuro possibile dei beni pubblici, p. 28). Nella costruzione del nuovo ordine politico utopico è necessario e doveroso “assicurare a tutti le stesse possibilità di fare, secondo le attitudini o inclinazioni di ciascuno, e le stesse possibilità di avere, secondo le proprie necessità vitali, culturali, ecc”. (Prestipino, p. 29).
La tensione utopia/distopia, modello a cui tendere/realtà da cui sfuggire, è al centro del saggio di Teresa Serra, Ripensare lo Stato tra teoria e realtà, che rappresenta il cuore del volume, stimolando il lettore a confrontarsi costantemente con la realtà effettuale delle cose alla luce di possibili soluzioni utopico-concrete a nuovi problemi. L’Autrice, in particolare, centra problemi cruciali quali la crisi della sovranità e la costituzione di nuove realtà istituzionali regionali, come l’Unione europea, chiedendosi, di contro, quali funzioni ancora debba e possa svolgere lo stato-nazione. Per far questo, in primo luogo, evidenzia un problema di fondo legato alla natura del modello utopico, che impone un continuo dinamismo del modello stesso, con un continuo adeguamento alla realtà. La sua natura normativa, invece, denuncia sempre e comunque una possibilità di divergenza tra lo Stato come realtà ed apparato funzionante e lo Stato come modello. Sono quindi i modelli distopico-utopici dello Stato apparato/realtà e lo Stato costruzione teorica ad essere continuamente presi in esame e rapportati tra loro. L’analisi di tali modelli viene attualizzata ed effettuata sullo sfondo dell’Unione Europea. Nel caso “Europa”, infatti, la duplice accezione del processo di costituzionalizzazione risponde anche alla distanza che separa la comunità europea da una costituenda società civile europea. Il modello proposto dalla Serra è un modello utopico, nel senso che si tratta di un modello a cui tendere, ma non è astratto, perché attento alle situazioni particolari e consapevole dell’impossibilità di ridurre all’unicum del modello tutti i casi storici. In questo modello elementi fondamentali sono il rispetto e la dignità umana, che esclude la stretta connessione tra diritto e cittadinanza e presuppone la necessità di una coesistenza duale tra una ideologia sopranazionale e una intergovernativa.
Non manca, nel volume, il tentativo di trovare una soluzione al problema religioso attraverso la sua proiezione nell’utopico futuro dell’accadde domani, in cui “ogni popolo ed ogni persona possa comunicare lietamente con gli altri verso il futuro, ognuno con e grazie al suo Dio” (Raniero La Valle, Il divino plurale, p. 84). Raniero La Valle, a dimostrazione della difficoltà di analizzare il presente senza confrontarsi con la letteratura utopica, offre una lettura dell’opera di Tommaso Moro: la “religione” di Utopia prevedeva la possibilità della convivenza di diverse religioni sulla base di una reciproca e pacifica tolleranza. In questa situazione, la legge “utopica” consentirebbe la difesa della libertà e dell’uguaglianza, in quanto intesa non come volontà del potere, ma come volontà senza passione. Pluralità e diversità pertanto traggono la loro garanzia dall’eguaglianza di fronte alla legge che le riporta all’identità, nel rispetto della diversità.
In questo passaggio epocale lo spazio giuridico europeo rischia di collocarsi in una sorta di terra di nessuno, di intermezzo sospeso tra ‘democrazia dell’identità’ e ‘democrazia della differenza’, di cui nelle pagine del volume sono illustrati molteplici esempi, uno per tutti la storia delle donne, in bilico tra filosofia dell’uguaglianza e filosofia della differenza.
La seconda parte del volume, come si è evidenziato all’inizio, indaga su tematiche d’attualità ecologico-politica. Sono analizzati i cambiamenti nei rapporti uomo-terra, soprattutto nella prospettiva dello sfruttamento delle risorse naturali. Particolare attenzione è dedicata alla teorizzazione di uno sviluppo realmente considerato –opposto a quello sconsiderato– dell’umanità, in riferimento alle risorse disponibili e, riguardo a quest’ultime, relativamente alla loro effettiva distribuzione. In questa direzione sono evidenziati alcuni elementi di fondo come la “contraddizione del capitalismo” (Fabrizio Giovenale, Rapporti uomo-terra: che cosa è cambiato, p. 180), della modernizzazione e dell’innovazione. Modernizzazione ed innovazione sono, dunque, analizzate alla luce di un “futuro possibile del vivere-nella-natura” (Giuseppe Prestipino, Equilibri naturali e vitali, p. 193), congiuntamente ad un possibile sviluppo sostenibile nei paesi del terzo mondo, che rappresenta la sfida, politica e non solo, del terzo millennio (Ernesto Screpanti, Quale sviluppo e per chi?).
Come una sorta di conclusione, l’ultimo saggio proposto è in realtà una tavola rotonda virtuale, in cui autori e relatori del gruppo di lavoro confrontano le proprie riflessioni circa le tematiche dell’ambiente e dello sviluppo.
Giuseppe Prestipino e Teresa Serra (a cura di), Accadde domani. Fra utopia e distopia Aracne, Roma 2005, pp. 224.
— Accadde domani. Fra utopia e distopia
martedì febbraio 27, 2007
Roberta Fidanzia« I frati minori conventuali tra giurisdizionalismo e rivoluzione | Premio Stauferpreis 2008 »