venerdì giugno 10, 2016
#Libia #Sirte Milizie di Misurata (Governo Sarraj) prendono il complesso “Ouagadougou” e controllano gli accessi dal mare. Scontri in città
#Sirte Le brigate di Misurata hanno conquistato il porto. Combattimenti in corso per le strade del centro. ISIS sul punto di capitolare.
#Siria Mappa della Blitzkrieg siriana nel deserto di Raqqa – 20/25 km da base aerea Taqba primo vero obiettivo.
Mappa
#Siria Una colonna di veicoli con 50 jiahdisti che cercavano di raggiungere la base di Taqba è stata neutralizzata da un caccia siriano
#Siria Primi rapporti che i Falchi del Deserto hanno liberato l’area gasifera di Sfaiyah e il bivio per Tabqa a 25km ca dalla base aerea
#Siria La #Francia ammette la presenza di truppe speciali sul terreno. Secondo fonti curde, i francesi stanno installando una base a Kobane.
#Mediterraneo Navi da guerra americane affollano il Mediterraneo in buon numero. Chiaro messaggio alla Russia
#Egitto #Italia ENI scopre nuovo giacimento di gas nel prospetto esplorativo Baltim South West, nelle acque convenzionali del Delta del Nilo
#USA Funerale di Mohamed Alì. Erdogan infuriato non partecipa e lascia gli Usa.
#Belgio Reattore nucleare spento per anomalie.
[AGENSU 10.06.2016]
— Angelo Gambella
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mercoledì giugno 8, 2016
#Austria Il partito Fpo presenta ufficialmente ricorso contro il risultato finale delle elezioni presidenziali per i presunti brogli.
#Siria Nell’avanzata su Raqqa, l’esercito ha liberato una nuova località e ora combatte per lo strategico bivio di Rasafa a 30 km da Tabqa
#Siria Fronti attivi vs ISIS: Esercito siriano attacca verso Tabqa-Raqqa / a N-E di Palmira / a Deir Ezzor / Curdi-arabi attaccano a Manbji.
#Siria ISIS si ritira da alcuni villaggi a nord di Aleppo e si raggruppa a Dabiq (città legata alla profezia islamica della battaglia finale)
#Siria #Aleppo Bombardamento aereo “senza precedenti” in corso su zone controllate da ribelli, da parte delle forze aeree russe e siriane.
#Siria Circa 60 strike effettuati in breve tempo sui villaggi tenuti dai miliziani ad ovest di Aleppo sono preludio ad attacco di terra.
#Siria La “blitzkrieg” dell’esercito siriano verso Raqqa. Prosegue la “guerra lampo” lungo l’autostrada per Raqqa: con la presa di Khirbat-Zaidan l’esercito è ora a 30 km da aeroporto Tabqa.
#Turchia Proteste della #Grecia dopo lettura del corano in Hagia Sophia già principale basilica ortodossa di Costantinopoli ed ora museo.
#Turchia L’Italia avrebbe inviato un sistema anti-aereo e decine di militari al confine turco-siriano (ambito NATO)
#USA Continua la serie di incidenti militari: 2 aerei F-16 della Air National Guard si sono scontrati in volo. I piloti sono salvi.
— Angelo Gambella
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martedì maggio 17, 2016
Piedimonte Matese: 90 pergamene ritrovate nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
di Angelo Gambella
(17 maggio 2016)
La Basilica di Santa Maria Maggiore a Piedimonte Matese (CE) è interessata in queste settimane, assieme ad altri luoghi di culto della diocesi di Alife-Caiazzo, da un’azione di recupero e studio del patrimonio documentario.
Con evidente sorpresa dello stesso personale impegnato nell’esame della documentazione, come reso pubblico dalla rivista diocesana Clarus, sono emerse circa 90 pergamene a partire dal 1300, comprese bolle papali, oltre a cronache di vita locale e diocesana, lettere pastorali, carteggi di vescovi e cardinali con il capitolo della collegiata piedimontese. Nelle trascrizioni di documenti e cronache si fa anche menzione di date precedenti al XIV secolo. L’esame della consistenza ancora in corso potrebbe riservare ulteriori sorprese.
Dalle prime notizie apprese, si può affermare che nella basilica di Piedimonte (ricostruita nel corso del Settecento) siano confluite pergamene che in origine dovevano trovarsi ad Alife nell’archivio vescovile o in quello capitolare della cattedrale. Infatti, il vescovo alifano è stabilmente documentato ad Alife fino a tutto il Quattrocento, dove sono redatti i pochi documenti superstiti rinvenuti in altri archivi. Il prelato alifano si stabilisce con continuità nella confinante Piedimonte d’Alife solo nel 1561 in seguito ad una incursione militare che danneggia la città già in profonda crisi demografica. In seguito al terribile sisma del 1688 che atterra la cattedrale e la quasi totalità delle chiese alifane, a Santa Maria Maggiore si riunisce per un lungo periodo il Capitolo della cattedrale di Alife. Il vescovo di Alife, ancora oggi, mantiene la residenza a Piedimonte Matese.
(Basilica di Santa Maria Maggiore di Piedimonte Matese)
Non è questo il primo esame dei documenti della basilica, se già nel 1967 Dante Marrocco ne aveva pubblicato alcune pergamene in “Documenti della basilica di Santa Maria Maggiore in Piedimonte”, ma appare evidente che il materiale rinvenuto è di maggiore importanza rispetto a quanto apparso all’esame del fondatore dell’Associazione Storica del Medio Volturno, ma non è neppure da escludere che lo studioso abbia avuto accesso solo ad una parte dell’archivio. Neppure in questo archivio sembrano però riemergere quei documenti vescovili “a partire dal 1200” che il Kehr cita come presenti in un archivio di Piedimonte nello studio sull’episcopato alifano della monumentale Italia Pontificia.
Clarus riporta, infine, che con la mostra “Custodi della Memoria: percorsi reali e virtuali nei libri e nei documenti antichi“ in preparazione per la festa del patrono San Marcellino (31 maggio – 1 giugno), saranno forniti maggiori dettagli sul rinvenimento e si potranno vedere alcuni esemplari della raccolta.
La scoperta dei documenti piedimontesi appare di una certa importanza per lo studio del Medioevo della diocesi di Alife, la cui documentazione medievale e rinascimentale in massima parte è andata perduta nel tempo.
— Angelo Gambella
Medioevo, Beni culturali
lunedì maggio 16, 2016
Terremoto di magnitudo 4.4 a Palmira dopo esplosioni causate dell’ISIS
Questa mattina (16 maggio), alle ore 12.14 di Damasco, si è verificato un terremoto di magnitudo 4.4, a circa 18 km a nord di Palmira, come rilevato dalla strumentazione del Centro Nazionale per i Terremoti della Siria.
L’agenzia ufficiale SANA, che rilancia la notizia, riporta che l’evento è avvenuto alla profondità di 10 km con precise coordinate “at the longitude 38.28 and latitude 34.72”.
Nello stesso lancio di agenzia non si fa alcuna menzione di danni e vittime nell’area di Palmira. Tuttavia, l’evento risulta anomalo in quanto non ripreso dai network internazionali, che normalmente registrano anche eventi di entità non elevata come quello del deserto siriano.
(Aggiornamento: la scheda del sisma dal sito EMSC-CSEM su dati di provenienza dai centri di Beirut e Istanbul)
Di più, nel corso del pomeriggio, rapporti consultabili via twitter riferibili all’opposizione di Palmira segnalano tre esplosioni presso l’area di estrazione gassifera e del petrolio di Shaer, seguiti da altri tweet relativi ad ambienti più vicini all’ISIS che confermano e rivendicano la distruzione di impianti fino a collegarla all’evento sismico.
Circa 10 giorni fa l’ISIS ha catturato l’area petrolifera di Shaer, per poi a minacciare la base aerea di Tyas (T4) e mettendo in pericolo le linee di rifornimento da Homs a Palmira stessa. La controffensiva dell’esercito siriano con il sostegno di consiglieri militari russi e il supporto aereo delle aviazioni russa e siriana, ha consentito di riguadagnare terreno perduto e di affrontare le milizie dell’ISIS in prossimità degli impianti petroliferi. Le forze del Califfato, in fase di ripiegamento, hanno dunque fatto saltare alcuni impianti provocando grosse esplosioni.
Le coordinate fornite dalla SANA sono compatibili con l’area dei pozzi di Shaer, e la connessione fra le esplosioni e l’evento tellurico appare evidente.
Lasciando agli esperti lo studio sulle dinamiche che dalle esplosioni di superficie portano alla frana o rottura sotterranea, le valutazioni che possiamo effettuare si possono incentrare su due punti.
Da un punto di vista strettamente militare l’azione dell’ISIS appare puntare, in questa fase, sulla tattica della “terra bruciata”, privando il governo di Bashar al Assad dell’estrazione del gas per un periodo non certo breve.
Infine, è possibile evidenziare che alla pericolosa azione dell’organizzazione jihadista non ha corrisposto l’eco mediatica internazionale solitamente riservata ad eventi di questo genere.
— Angelo Gambella
International, Attualità
sabato aprile 9, 2016
Palmira: implicazioni geo-politiche
Editoriale di Angelo Gambella
(Direttore AGENSU)
Il 24 marzo le Forze Tigre dell’esercito siriano, dopo aver liberato la maggior parte dei rilievi sovrastanti Palmira e l’area collinare delle cave, dalle quali i palmireni ricavavano la pietra per costruire la loro città, irrompono nella piana dell’area archeologica. Il giorno successivo è preso d’assalto il castello medievale arabo sull’ultima collina rimasta all’ISIS, e finalmente, dopo altri due giorni e scontri tra le strade, la città moderna (Tadmur) viene completamente liberata. L’annuncio ufficiale dell’esercito trova preparati i media occidentali che battono la notizia della liberazione di Palmira: è il 27 marzo. I russi avevano già ampiamente coperto l’informazione della riconquista dell’antica città, loro che con grande efficacia dall’aria e più o meno segretamente da terra con gli Specnaz, avevano contributo in maniera determinante alla liberazione della Perla del Deserto.
Irina Bokova, direttrice dell’Unesco, di nazionalità bulgara, è forse la prima personalità ad intervenire pubblicamente: il 24 marzo, mentre sto seguendo per AGENSU ora per ora la liberazione di Palmira, ormai sicura ma ancora da venire, già campeggia con il suo tweet: “I welcome the liberation of #Palmyra. Let’s #unite4heritage and human values against violence and hatred”. I primi filmati e le fotografie del sito storico sono incoraggianti: Palmira è stata sì violentata, ma buona parte dell’area è intatta, il teatro romano emerge nella sua monumentalità tra i colori del deserto. Non solo: anche gli antichi monumenti rasi al suolo possono essere restaurati, certo con fatica e in tempi non rapidissimi, ma gli archeologi (e gli italiani primi su tutti) sono in grado di cimentarsi nell’impresa.
Il 27 marzo, dopo che l’Unesco ha già salutato da giorni la liberazione di Palmira, iniziano ad arrivare al governo siriano di Bashar Al Assad, i complimenti entusiasti dei governi di Russia, Iran e di altri paesi alleati. Che differenza con il filmato che ritrae il portavoce del governo americano in imbarazzo di fronte ai cronisti che gli chiedevano un commento su Palmira! Quello stesso giorno Vladimir Putin e Irina Bokova parlano al telefono e, attraverso il comunicato ufficiale in inglese, emerge l’assicurazione del Presidente al Direttore generale “of the wide-ranging experience of Russian experts from The Heritage Museum in St. Petersburg, including from work under UNESCO’s leadership on the preservation and reconstruction of the cultural heritage of Syria.” Putin si fa forte dell’esperienza dell’Ermitage di San Pietroburgo che possiede, nella propria collezione, reperti originali di Palmira, per offrire tutta la collaborazione per la ricostruzione del patrimonio culturale siriano.
I rapporti dell’Italia, come il resto dell’Unione Europea, con la Siria sono freddi: è dal 2012 che l’Italia ha chiuso l’ambasciata a Damasco (“per il deterioramento della situazione di sicurezza nel paese”, si legge sul sito). Ma la liberazione di Palmira è salutata con favore sia dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, e, in maniera politicamente più rilevante, da Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri: “#Palmira finalmente liberata, ricordiamo Khaled Assad, il suo custode ucciso dai terroristi. #Unite4Heritage”; in questo tweet del 28 marzo, si ripete, come nel messaggio di quattro giorni prima della direttrice Unesco, l’etichetta “#Unite4Heritage” fatta propria dall’iniziativa dei caschi blu della cultura, promossa dall’Italia all’indomani dell’occupazione di Palmira. Ed è un’iniziativa che l’Italia aveva concretizzato il 16 febbraio, quando, sull’esperienza del Nucleo tutela dei beni culturali dell’arma dei Carabinieri e con la collaborazione di archeologi e specialisti italiani, viene ufficialmente fondata l’unità dei Caschi blu per la cultura (primi 30 carabinieri e 30 specialisti). Già il 27 marzo Franceschini dichiara alla stampa: “Se Palmira sarà la prima occasione in cui verremo chiamati lo decideranno l’Unesco e la comunità internazionale, che devono anche stabilire tempi, modalità e coinvolgimento di uno o più paesi. Noi comunque siamo pronti.” Le parole di Gentiloni sono di apertura: “L’Italia è pronta, aspettiamo una chiamata. Una chiamata di pace, di cultura e collaborazione”. Significativa differenza rispetto al silenzio delle altre cancellerie europee, con poche eccezioni.
Ma è la Russia di Putin, più di qualunque altro paese (Siria compresa) a cavalcare l’onda mediatica della riconquista di Palmira e ad impossessarsi del controllo della situazione. Subito Putin offre ad Assad la disponibilità degli artificieri russi per bonificare l’area archeologica ed ordina l’invio immediato degli stessi. Con una mossa tipica della sua iniziativa politica, Putin invita anche i paesi della coalizione a guida USA a partecipare allo sminamento, ma nessuno gli risponde. Tutta Palmira è disseminata di ordigni esplosivi improvvisati, l’area degli scavi ne è oltremodo piena; si dirà poi che il dispositivo di guerra elettronica russa ha reso inattivi gli ordigni comandati a distanza. Dopo pochissimi giorni gli artificieri russi sono a Palmira ed iniziano la bonifica dell’area. Il 2 aprile sono già 1000 gli ordigni rimossi, resi inoffensivi o fatti brillare. Non passa giorno che il ministero della difesa russo non emani un breve resoconto del numero di ettari bonificati e della quantità di ordigni neutralizzati. La bandiera russa e quella dell’unità impegnata nelle operazioni campeggiano sulle rovine; gli specialisti russi sono fotografati nell’atto di neutralizzare gli ordigni, nello storico scenario palmireno con il castello arabo o le colonne romane sullo sfondo.
L’8 ottobre dalla base di Hmeimim presso Latakia decollano elicotteri da trasporto militare scortati da Mi-24, elicotteri d’assalto. I russi hanno organizzato una visita guidata per la stampa a Palmira: ci sono giornalisti da Italia, Germania, Belgio, Serbia, Cina ed altri per 11 diverse nazionalità. Ancora una volta non si vede alcun americano.
Il Direttore delle antichità siriane si offre alle telecamere, anche a quelle della nostra TV di stato: Palmira è danneggiata, ma all’80% integra e sarà riportata allo stato precedente. Intanto, il governo siriano ha iniziato un collegamento bus per il rientro dei palmireni: questo sabato i primi 2000 sono rientrati nelle loro case. Prima della guerra Palmira contava 45000 residenti, dediti principalmente all’estrazione del petrolio nelle vicinanze, e all’attività turistica nella città-oasi del deserto. Il futuro rilancio del turismo è vitale per l’economia del posto.
La Siria non è sola: l’alleato Iran, forte di tradizione archeologica, si offre alle autorità di Damasco per contribuire al restauro. La Russia, intanto, manda inviti alla collaborazione archeologica pure a Belgrado e ad altri vecchi amici, come se Palmira fosse non già siriana, ma quella che in effetti è “Patrimonio dell’Umanità”, anche un po’ russa. Dall’Italia si fa sentire la voce di Paolo Matthiae, professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma, che definisce “Palmira la città martire del patrimonio culturale mondiale”. Le continue dichiarazioni degli specialisti italiani, che vantano ampia esperienza negli scavi siriani, confermano il nostro interesse per il tesoro storico di Palmira e, se un prossimo accordo tra Unesco e Siria sarà siglato, come è molto probabile, c’è da ritenere che l’Italia manterrà la sua promessa e farà egregiamente la sua parte.
Nel restauro di Palmira si sta giocando una partita d’importanza geo-politica non secondaria, che vede attualmente la Russia in posizione di assoluta forza, e gli USA del tutto tagliati fuori. L’Italia, invece, quasi scalpita per partecipare, pronta a mostrarsi ancora una volta al mondo in uno dei campi in cui eccelle.
— Angelo Gambella
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